Coronavirus, la terapia da plasma iperimmune
È la cura della speranza. Perché sta dando risultati concreti.
La terapia contro il Coronavirus basata sul plasma autoimmune da pazienti.
La terapia e la somministrazione
Saranno trasfusi 250-300 ml di plasma, per un numero massimo di 3 volte in una finestra temporale di 5 giorni. La base iniziale di 49 soggetti è destinata a crescere fino a 200. L’obiettivo a breve termine è valutare mortalità dei pazienti, benefici sui pazienti in terapia intensiva in ventilazione assistita, incidenza sulla carica virale (più il plasma è efficace più diminuisce) e la risposta in termini di anticorpi immune.
Le possibilità farmaceutiche
Siamo in una fase di sperimentazione ma i tempi non sono lunghi. Ecco Gringeri, Chief Medical e R&D Officer di Kedrion Biopharma, a proposito delle tempistiche. “Abbiamo calcolato circa tre mesi da quando avremo una sufficiente quantità di plasma, quindi entro 4-6 mesi. In questo tempo potremmo avere la prima sperimentazione con effetto immediato, perché i risultati si vedranno nel giro di poche settimane.
Che correlazione c’è tra la produzione di immunoglobuline e la scoperta del vaccino?
Non esiste una correlazione diretta, sono approcci alla terapia che obbediscono a esigenze diverse e agiscono a livelli temporali differenti. Ancora Gringeri, ha spiegato infatti che “Le immunoglobuline iperimmuni potranno fungere come trattamento temporaneo, gli anticorpi somministrati durano 3-4 settimane. Il vaccino invece ha una maggiore durata perché stimola il corpo a produrre i suoi anticorpi, e inoltre potrà essere utile per aumentare il numero dei donatori con un plasma di alta qualità, in grado di essere donato e trasformato”.
L’ampliamento del protocollo originario
Il protocollo è pubblico e sono già iniziati, da parte delle regioni, degli ospedali e delle strutture trasfusionali percorsi di emulazione. L’Azienda ospedaliero-universitaria pisana, per esempio, è la struttura capofila che condurrà la sperimentazione della terapia al plasma iperimmune in 5 regioni: Marche, Lazio, Campania, Umbria e Toscana con, in aggiunta, l’Ispettorato della Sanità Militare.
Come possiamo essere certi che la trasfusione di questo plasma sia sicura?
Il centro nazionale sangue ha emanato direttive molto rigide in fatto di sicurezza per concedere la raccolta plasma in deroga per combattere il Covid-19. Chiarissimo Liumbruno direttore del Cns, che ha spiegato la scelta di adottare un protocollo molto restrittivo, con esami particolarmente rigidi e interventi di inattivazione virale molto forti, fino all’ottenimento di un plasma di qualità farmaceutica.